La Storia
Maniero della seconda metà del XV secolo in cui, nel 1815, fu imprigionato e condannato a morte per fucilazione il Re di Napoli Gioacchino Murat.
L’edificazione del Castello Murat avvenne in due periodi storici diversi.
La prima parte di esso era costituita dalla sola torre più grande detta Torre Mastia o di avvistamento. La sua costruzione rientrava nel sistema difensivo attuato dagli angioini per la difesa dei centri abitati costieri dalle incursioni saracene e risale alla fine del 1300.
Proseguito cento anni dopo da Ferdinando I D’Aragona, esso rientrava in quel processo di fortificazione delle coste dell’Italia meridionale il cui scopo era quello di contenere le scorrerie saracene che infestavano i mari del Sud.
L’Aragona, infatti, rimasto solo contro i turchi, cercò di rendere sicuro il suo Regno, fortificando i luoghi costieri più esposti alle scorrerie saracene, e con l’ordinanza del 12 novembre 1480, decretò, per la Calabria, la fortificazione di Reggio e la costruzione di castelli a Crotone, Cariati, Corigliano, Belvedere, Pizzo ed altri luoghi. Per Pizzo fu disposto di aggiungere alla torre angioina già esistente, un massiccio corpo rettangolare, munito di una torre a tronco conico, alquanto più piccola della precedente, e di costruire poco più in basso, a strapiombo sulla Marina, una torretta di guardia. I lavori si protrassero dal 1481 al 1485.
Ultimata la sua costruzione, il nuovo Castello, fornito di archibugi e di artiglieria, ebbe un presidio di soldati, sotto il comando di un Ufficiale.
Esso non fu mai una residenza signorile, ma sempre fortezza militare e prigione
Feudatario era il Conte di Mileto Carlo Sanseverino a cui fu poi tolto per aver partecipato alla congiura dei baroni contro il re. Nel 1505 venne ceduto da Ferdinando il Cattolico ai De Mendoza e per Successione ai De Silva, duca dell’Infantado fino al 1806 anno dell’abolizione della feudalità. Passato al demanio, venne ceduto nel 1884 al Comune di Pizzo. Con Decreto del 3 giugno 1892 fu dichiarato “Monumento Nazionale”.
Il Castello e Re Gioacchino Murat
Undicesimo figlio di un albergatore, nacque il 25 marzo 1767 a Bastide-Fortunière (oggi Bastide-Murat), nel dipartimento del Lot. La famiglia, sognava per il suo ultimo figlio la carriera ecclesiastica che, sperava, ne avrebbe domato la natura sfrenata e selvaggia. Ma il giovane non sentiva alcuna vocazione per il sacerdozio. Non sopportava le regole del convento, al contrario gli piacevano le donne, il gioco e il bere. Ben presto, lasciò la tonaca e si arruolò in cavalleria, nel 6° Reggimento dei cacciatori delle Ardenne. Nel 1795 era a Parigi a sostenere Napoleone contro l’insurrezione lealista, lo seguì poi nella campagna d’Italia e in quella d’Egitto, dove fu nominato generale e fu determinante nella vittoria di Abukir contro i turchi. Nel gennaio del 1800 riuscì a vincere le resistenze di Napoleone, diventato primo console, e a sposarne la sorella più giovane, l’avvenente e capricciosa Carolina. Bonaparte era contrario al matrimonio. Alla fine fu costretto a cedere di fronte alla testardaggine dei due giovani, sempre più infatuati l’uno dell’altra. Il 20 gennaio 1800 finalmente l’aitante cavaliere e la sua piccola dama convolarono a nozze. Nel 1808, Napoleone, con l’editto di Bayonne lo proclamò Re di Napoli. A Napoli il nuovo Re, fu ben accolto dalla popolazione, che ne apprezzava la bella presenza, il carattere sanguigno, il coraggio fisico, il gusto dello spettacolo e alcuni tentativi di porre riparo alla sua miseria, ma venne invece detestato dal clero.
Politica interna di Murat:
Appena giunto a Napoli affrontò il problema della riforma fiscale e diede al regno un sistema fiscale solido regolare e semplice in modo che il Tesoro potesse affrontare le spese sempre crescenti: confiscò i beni della manomorta ecclesiastica, soppresse tutti i monasteri e li incamerò nel Demanio; introdusse l’imposta fondiaria sottoponendo a tributo grandi estensioni di terre, da qui seguì il censimento fondiario. Introdusse nuovi ordinamenti alle privative del sale e tabacco con l’introduzione di un sistema misto di libertà e monopolio secondo il quale si lasciò libera la coltivazione della pianta del tabacco, ma si lasciò allo Stato manifattura e vendita del prodotto.
Fondò il Banco delle Due Sicilie, con l’intento di unire l’interesse pubblico con quello privato.
Il 1º gennaio 1809, introdusse nel regno il Codice Napoleonico, che, tra le varie riforme, legalizzò, per la prima volta nella penisola, il divorzio, il matrimonio civile e l’adozione, cosa che non venne gradita dal clero, il quale perse la facoltà di gestire le politiche familiari.
Introdusse inoltre, il Codice di Commercio francese e il Codice Penale. Venne riordinata tutta l’amministrazione giudiziaria, aboliti i “fori” e le istituzioni privilegiate ed istituiti nuovi Tribunali e Corti, Camere di disciplina per avvocati ed Uffici del Registro.
Istituì il Corpo degli ingegneri di Ponti e Strade (all’origine della facoltà di Ingegneria a Napoli, la prima in Italia) e la Cattedra di Agraria nella medesima università, ma condannò alla chiusura, l’antica Scuola medica salernitana, primo esempio al mondo di Università. Inoltre avviò opere pubbliche di rilievo, Napoli si abbellì con grande rapidità: il ponte della Sanità, via Posillipo, nuovi scavi ad Ercolano, il Campo di Marte ecc., la facciata, il portico e le sale superiori del Teatro San Carlo, costruì mercati, l’Osservatorio Astronomico, l’Orto Botanico; a Reggio Calabria portò l’illuminazione pubblica, realizzò il progetto del Borgo Nuovo di Bari, il riattamento del porto di Brindisi, l’istituzione dell’ospedale San Carlo di Potenza, l’ospedale psichiatrico di Aversa. Fondò la casa di educazione per le ragazze di casato nobile sotto la diretta partecipazione della Regina Carolina.
Politica estera
Il nuovo ruolo non impedì a Murat di continuare ad essere un ardito comandante al comando della Cavalleria napoleonica e di un contingente di soldati del regno di Napoli, partecipando alla campagna di Russia e alla battaglia di Lipsia (1813). Dopo questa sconfitta, cercò di salvare il trono mediante una pace separata con l’Austria, ma l’anno dopo, durante i Cento giorni, fu di nuovo a fianco dell’Imperatore, combattendo la guerra austro-napoletana per difendere il proprio trono, ma venne tuttavia sconfitto prima ad Occhiobello, poi, dopo una ritirata attraverso Faenza, Forlì e Pesaro, nella battaglia di Tolentino (2 maggio 1815); il successivo trattato di Casalanza (20 maggio 1815), firmato presso Capua, sancì definitivamente la sua caduta ed il ritorno del Borbone sul trono.
Dopo la seconda caduta di Napoleone, Murat, che aveva cercato di raggiungerlo a Parigi, fuggì a Rodi Garganico che lo ospitò nel proprio castello e da dove tentò di tornare a Napoli con un pugno di fedelissimi per sollevarne la popolazione. Dirottato da una tempesta in Calabria, nelle strade di Pizzo venne intercettato dalla Gendarmeria Borbonica al comando del Capitano Trentacapilli, che lo arrestò e lo fece rinchiudere nelle carceri del locale castello per poi essere fucilato il 13 ottobre 1815.